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Sapete chi sono gli orfani due volte?24 aprile 2014 Era l’11 settembre 2011 quando a 10 anni dal terribile attacco terroristico che ha sconvolto l’America e tutto il mondo, su un noto magazine americano erano pubblicate in copertina e nel servizio principale di quel numero le foto e le storie dei figli orfani che in quel tragico giorno avevano perso entrambi i genitori. Rendeva onore l’articolo alle loro vite sopravvissute a una tragedia, a come stavano oggi, dopo 10 anni da quell’improvviso e irreparabile trauma. La commozione per quelli che quando ho letto l’articolo erano ancora minorenni, o giovani adulti è stata forte; il mio pensiero però è andato immediatamente agli orfani che conosco purtroppo meglio. E ho pensato e i “nostri orfani”, quelli delle mamme uccise dai papà: come stanno oggi, dopo 5, 10, 15 anni da quel tragico e assurdo giorno? Chi sono ? Dove sono adesso? E cosa è accaduto loro, dove stanno, con chi? Mi sono anche accorta che di dati su questi orfani “speciali”, orfani due volte, della mamma uccisa dal padre che in alcuni casi si è suicidato, negli altri è detenuto e di fatto perde i suoi diritti. A questi figli cosa è stato detto? La legge cosa ha fatto per loro? E quegli adulti che si sono ritrovati ad aprire le loro case, che sostegno psicologico ancora prima che economico hanno dato, dovendo loro stessi elaborare il loro di lutto e trauma? Come stanno adesso? Il tempo, come ingenuamente si dice a chi sta male, ha fatto dissolvere quel dolore insopportabile che diventa quasi fisico, per quanto è intollerabile e profondo e senza senso? Mi sono sentita in dovere di raccontare a questi orfani, a tutti, anche quelli la cui mamma è stata uccisa tanti anni fa, anche se hanno una nuova vita, la loro storia. Farla raccontare anche a coloro che si sono presi cura di loro, senza spesso avere nulla in cambio se non quella gioia impagabile di poter vedere quell’orfano riuscire a pensare che in fondo la vita ha un senso ed è un privilegio, e che nessuno, nessuno ha il diritto di portarla via. Studiando e cercando mi sono resa conto che sono pochissimi gli studi fatti in Europa o da altre parti nel mondo che hanno messo in luce questa parte oscura del femminicidio. Le telecamere si spengono, i processi si concludono, il tempo sbiadisce il ricordo delle nostre coscienze che lì per lì hanno avuto una parola di pietà per questi bimbi, e lo stesso hanno fatto anche quegli operatori sociali e della giustizia e delle forze dell’ordine che nell’emergenza hanno cercato di mettere le toppe a una situazione imprevista, forse, nuova, a cui nessuno è preparato. Ma non erano preparati neppure loro, i miei orfani, come mi sento di chiamarli: per loro non ho parole di conforto, non ho soluzioni, non ho parole se non chiedere loro scusa se nessuno è riuscito ad evitare quella tragedia. Allora, l’unico modo che conosco per chiedere scusa a nome di tutti, senza ideologismi o facili ipocrisie è quello di fare ricerca, di studiare, di conoscere, di sapere da loro e da chi li ha aiutati cosa li ha aiutati, cosa li ha fatti stare ancora peggio, di cosa avrebbero avuto bisogno, di cosa hanno bisogno. Forse gli errori fatti a loro non potremo sanarli, ma possono darci una mano ad aiutare i cento o più figli che ogni anno allungheranno l’elenco assurdo. Nessuno farà alle loro mamme un monumento o un memorial e di loro non si parlerà mai, anche per motivi di privacy, si capisce. Ma se loro hanno invece voglia, bisogno di parlare con altri orfani come loro, magari perché loro bene o male ce l’hanno fatta a superare alcuni dei momenti più brutti. Se vogliono, possono dare una parola di conforto ad altri orfani che si trovano da poco in questa tragedia, dove tutti, nel tentativo bonario di aiutarli, a volte rischiano di farli solo stare peggio. Un ragazzino mi ha raccontato che a lui di andare dai parenti che conosceva a stento che stavano a 500 km da casa sua non importava nulla, che essere portato via di casa per non ritornavi più è stata la cosa peggiore che gli potessero fare. Questo me lo ha raccontato dopo 8 anni dalla tragedia. Può l’esperienza aiutarci a dare voce a questi orfani? Possiamo con la piattaforma switch-off.eu farli mettere in contatto con noi, e, se lo vogliono, parlare con altri orfani, o fargli scrivere la loro storia, o farlo fare a degli adulti che con amore e senza chiedere nulla in cambio, nell’incertezza del presente e nel baratro del futuro hanno messo tutto di sé e della loro vita a disposizione? Qualcuno è stato più fortunato, altri no. Con switch-off vorrei riaccendere una luce….
Fonte: 27esimaora.corriere.it
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